canti, musiche e memorie dalla cultura degli zingari
Porrajmos nella lingua dei Rom significa “divoramento” e indica la persecuzione e lo sterminioche il Terzo Reich attuò nei loro confronti.
Durante la seconda guerra mondiali vennero uccisi oltre 500.000 zingari, vittime del nazionalsocialismo e dei suoi folli progetti di dominazione razziale.
Dopo Auschwitz non si può più dire di un ebreo che “è la sua razza che lo rende meno omologabile”, che è “geneticamente diverso”, che porta una cultura “che non si può assimilare alla nostra”.
Sarebbe mostruoso se qualcuno lo dicesse.
Ma del popolo zingaro sì, lo si dice e spesso con convinzione, magari nascondendosi dietro le esigenze della sicurezza dei cittadini e, perché no, per “rispetto della loro vocazione al nomadismo”
…forse non è vero.
Questa è una piccola storia, per molti è una storia da poco, ma è una storia vera.
Viene dai racconti di una famiglia Sinti arrivati in Italia dalla Francia nel 1900 per fare il mestiere del circo. Viene da racconti di nonni, di genitori e figli. Sono racconti che faticano ad uscire: dei morti non si parla, dicono tanti, c’è voluto molto tempo perché chi ha visto, ha vissuto, trovasse la forza di vincere la vergogna, la vergogna di chi è stato schiavo e poi meno che essere umano…
Noi proviamo a raccontarla, perché come dice chi ce l’ha raccontata, è importante ricordare.
Roberto Manuzzi - Diplomato al Conservatorio di Bologna, ha studiato musica elettronica e composizione. Collabora con artisti di importanza nazionale nel campo della musica leggera; dal 1986 fa parte del gruppo del celebre cantautore Francesco Guccini. Ha composto numerose musiche per balletti, documentari e spettacoli teatrali. E' insegnante di "Musica di assieme jazz" e coordinatore del triennio jazz presso il Conservatorio di Ferrara.